Quando si parla di dolci che, almeno una volta tutti hanno assaggiato, un cenno va dedicato ai marshmallow.
Snack americani famosissimi, sono molto amati dai bambini per via della loro morbidezza e dei colori vivaci.
Nel momento in cui li si chiama in causa, si pensa, erroneamente, che la loro storia sia poco interessante e uguale a tante altre. Non è affatto vero! Scopriamo qualche dettaglio in più che la riguarda nelle prossime righe di questo articolo.
Cosa significa il nome?
Come in molti casi, anche in questo è necessario, per scoprire meglio di cosa si parla, analizzarne il nome. La parola marshmallow è formata da due termini anglosassoni. Il primo, marsh, si può tradurre con la parola italiano “acquitrino”. Il secondo, mallow, con malva.
Non è un caso che siano stati uniti. La pianta, infatti, cresce proprio in contesti contraddistinti dalla presenza di acqua stagnante. La sua radice è oggi di uso quotidiano in tante situazioni. Non tutti sanno che veniva impiegata pure nell’antico Egitto, per preparare dei dolci che venivano offerti ai Faraoni e ai nobili e portati come omaggio alle divinità .
Secondo la tradizione, l’antenato dei marshmallow sarebbe stato preparato proprio sulle rive del Nilo. In che modo? Unendo miele e cereali e aggiungendo la linfa estratta dalla malva.
Dagli antichi Egizi, l’usanza di utilizzare la malva per preparazioni culinarie si è trasferita ai Greci e, in una fase successiva, ai Romani. Ai tempi delle civiltà classiche, fondamento della nostra cultura occidentale, era diffusa la convinzione che vedeva la malva come un elisir in grado di curare affezioni come il mal di gola. Tra i sostenitori di questa teoria figurava Ippocrate, il padre della medicina.
Le altre tappe della storia del marshmallow
La storia del marshmallow ha cambiato ulteriormente corso nel XIX secolo in Francia. In quel periodo, si tornò, infatti, a usare la malva come ingrediente per dolci, abbandonando l’impiego curativo.
Agli anni sopra menzionati risale anche la scoperta di poter cuocere la linfa di malva, preventivamente montata, con gli albumi dell’uovo e con l’aggiunta di sciroppi come quello di mais. Questo mix di ingredienti consente di ottenere una pasta con consistenza morbida e facilmente modellabile, considerata, ancora oggi, l’antenata moderna del marshmallow.
All’inizio, aveva un nome diverso da quello con cui lo conosciamo oggi. Si chiamava, infatti, Pâte de Guimauve.
Da allora, le tecniche di preparazione sono state chiaramente interessate da un’evoluzione. Per rendere l’impasto più stabile, per esempio, i produttori hanno iniziato a includere, tra gli ingredienti, la gelatina, usata in sostituzione alla linfa di malva.
La rivoluzione di Alex Doumak
Raccontare la storia dei marshmallow vuol dire, per forza di cose, chiamare in causa la rivoluzione di Alex Doumak, imprenditore dell’Illinois alla cui creatività e intuizione si deve l’inizio della produzione standardizzata di uno dei dolci più famosi del mondo.
Tutto questo è accaduto nel 1948, utilizzando ancora la malva e procedendo con una lavorazione a mano che richiedeva, in media, un paio di giorni prima di arrivare a ottenere una pasta sufficientemente morbida.
La procedura brevettata da Doumak – che, nel 1961, ha fondato la Doumak Inc. – è usato ancora oggi per la produzione dei marshmallow. Si parte estrudendo gli ingredienti e li si mixa, creando un vero e proprio tubo con l’impasto. Successivamente, si taglia, si impacchetta e si immette il prodotto in commercio.
Oggi come oggi, ribadiamo, il gold standard prevede l’utilizzo di gelatina. Non mancano, però, i brand che ricorrono ancora alla malva, con un approccio nostalgico dei tempi in cui, per produrre quello che è uno dei dolci simbolo dell’industrializzazione del food che ha preso piede dagli USA, si utilizzavano processi di tipo artigianale.
In commercio esistono anche marshmallow vegani, preparati utilizzando la radice di agar.
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