Ammettiamolo: il nome non è certo invitante ma, a piccole dosi, può sostituire aglio e cipolla in cucina.
L’assafetida è una resina ricavata da una pianta perenne simile al finocchio (Ferula assa-foetida L), ma molto più imponente, tanto che può arrivare anche ai tre metri di altezza. Tale pianta è diffusa in Asia centrale. Emana un odore molto forte e sgradevole, motivo per cui è stata soprannominata “sterco del diavolo”. A dite il vero, l’assafetida era già nota agli antichi romani che la chiamavano laser; i testi ayurvedici, invece, la raccomandavano per le proprietà digestive e oggi, pur essendo annoverata tra i rimedi della farmacopea ufficiale, il suo uso è molto limitato. Il nome deriva dal persiano aza, che vuol dire resina, e dal latino fetida che ne descrive efficacemente lo sgradevole odore.
Per l’estrazione della resina le piante vengono recise alla base e il liquido lattiginoso che si trova nelle radici viene raccolto e posto ad asciugare fino a quando non indurisce come cera; a questo punto lo riduce in polvere. In commercio si trova l’assafetida pura, ma anche mescolata con il 50% di farina di riso e di gomma arabica, al fine di prevenire la formazione di grumi.
Il colore di questa spezia è piuttosto scuro e il suo odore risulta acre e penetrante: tuttavia quando viene cotta assume delle caratteristiche che stanno tra l’aglio e il tartufo. L’assafetida è usata frequentemente nella cucina indiana e assai sporadicamente nelle altre tradizioni culinarie.
Se utilizzata in piccole quantità (e sottolineiamo piccole) può rappresentare una valida alternativa alla cipolla e all’aglio per aromatizzare piatti vegetariani, o anche zuppe di legumi (in special modo quella di lenticchie), pesci, salse e salamoie. Da non usare mai sulla carne. Secondo alcuni gastronomi l’assafetida sarebbe uno dei componenti della salsa Worcester.
Foto | Valery Fassiaux (Opera propria) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons
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