Prima che gli inglesi sbarcassero in Australia, gli ingredienti principali della cucina aborigena erano frutti, erbe, radici, bacche e cacciagione. I coloni adottarono ovviamente la cucina della madrepatria, anche con la ritualità tipica dei loro paesi d’origine: arrosto la domenica, cotolette grigliate, stufati di carne serviti con patate, carote e piselli.
In seguito la gastronomia locale venne ancora profondamente influenzata da immigrati che arrivarono da tutte le parti del mondo: furono in particolare cinesi, italiani e greci a introdurre ingredienti e modi di cucinare diversi. Oggi nella cucina australiana si usano agnello, manzo, maiale, pollo, un assortimento di pesci, molluschi e crostacei, verdure quali zucche, patate, cavolfiori, melanzane e via dicendo. Bisogna però notare il modo di cucinare può essere diverso rispetto a quello tipico europeo: lo stufato di manzo, per esempio, può essere cotto con l’ananas.
Accanto a questi ingredienti, ce ne sono altri di provenienza locale come il barramundi, un pesce dalle carni bianche e delicate, e ancora canguro, coccodrillo ed emù. I prodotti del bush (vale a dire l’ambiente naturale e selvaggio in contrapposizione a quello civilizzato e urbano), da sempre impiegati dagli aborigeni, hanno conosciuto di recente un accresciuto interesse.
Ci sono varie erbe aromatiche: per esempio la menta piperita nativa, dal gusto di eucalipto, utilizzata per cani bianche e per i dolci; il mirto limoncello, dall’aroma di agrumi, impiegato per dolci, carni bianche, gelati, pane e pasta fresca; il timo nativo, che ricorda i sapori mescolati di dragoncello, timo e rosmarino e viene utilizzato con il pesce arrosto o per aromatizzare olio e aceto.
Troviamo, poi, frutti come il pomodoro del bush, impiegato per realizzare salse e insaporire focacce, o le prugne kakadu, consumate sotto forma di marmellata o di conserve agrodolci.
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