Le spezie sono tante (milioni di milioni, verrebbe da dire parafrasando una celebre pubblicità). Alcune sono note, altre le conosciamo poco, di altre ancora ne abbiamo sentito parlare e mentre talune non sapevamo nemmeno che esistessero. Una spezia poco nota – almeno qui da noi in Italia – è il radhuni, il cui nome scientifico è Carum ajowan. Si tratta di una spezia che ha origini probabilmente in Egitto ed è utilizzata molto in India, in Iran, in Afghanistan oltre che, naturalmente, in Egitto.
Dai frutti del Carum ajovan si ricava una spezia che ha un sapore a metà tra il timo e il cumino. Il radhuni tende all’amaro e al piccante. Pur non essendo particolarmente aromatico è sufficiente usare pochissimo radhuni per dare sapore a un piatto. Solitamente lo si usa secco o arrostito o fritto in olio. È molto usato insieme ai fagioli, perché aiuta a ridurre la flatulenza. Rientra tra gli ingredienti del berberè, miscela di spezie della cucina etiope che viene usata per preparare carni in umido e zuppe.
Potete provare il radhuni nel riso in bianco: aggiungendone una piccola manciata di questa spezia all’acqua durante gli ultimi minuti di cottura, avrete un riso molto saporito e decisamente originale.
Il radhuni viene spesso confuso con il levistico (o sedano di montagna): si tratta di una pianta simile al sedano originaria dell’Asia ma diffusa anche in Europa centrale. Del levistico si mangiano le costole in insalata, le foglie per profumare le zuppe e i semi per aromatizzare pane, biscotti e anche formaggi.
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