Il Salone del Libro di Torino è in corso e tra i molti aspetti c’è tutto un settore dedicato alla cucina, come abbiamo avuto modo di raccontarvi: è la sezione CookBook che, tra libri e show cooking, propone molte novità editoriali sul tema del cibo e anche incontri con chef di vario livello.
Tra gli stand abbiamo incontrato Paola Maugeri, giornalista tv e storica vj su Mtv, Italia Uno e La7, che è qui al Salone per la presentazione del suo libro Las Vegans. Le mie ricette vegane, sane, golose e rock (Mondadori 2014, euro 18 – in eBook euro 9,99). Paola, infatti, è vegana da oltre quindici anni e con questo suo testo vuole trasmettere la gioia di mangiare in maniera cruelty free. Le abbiamo rivolto alcune domande e lei, gentilmente, si è intrattenuta con noi di Gustoblog.
Al Salone del Libro di Torino di quest’anno la cucina vegan occupa un posto di rilievo. Solo qualche anno fa i vegani erano da alcuni considerati alla stregua di una setta di fanatici: secondo te, cosa ha reso possibile questo cambiamento di rotta?
La cultura del veganesimo è una cultura molto antica – partiamo da Pitagora, VI secolo a.C. – e ha conosciuto periodi più faticosi o periodi in cui non se ne parlava per niente. Quello che stiamo raccogliendo adesso è proprio il frutto del lavoro di tantissime persone che da migliaia di anni parlano di quando si stia bene mangiando vegano. Tale aspetto non è noto a molte persone: la storia dei vegetariani e dei vegani è puntellata da tantissime stelle come Pitagora, Leonardo da Vinci, Tolstoj e Shelley. Naturalmente parlo anche di Donald Watson, colui che ha coniato il termine vegan, il presidente della società vegana, che in pochi conoscono ma che ha fatto veramente una grandissima rivoluzione, per quanto riguarda la diffusione del termine vegan e, poi, della cultura vegana. La nostra generazione in qualche modo raccogliere tutto questo. Finalmente le cose sono cambiate perché si comprende che il modo in cui mangiamo diventa sempre più dannoso – perché gli allevamenti intensivi sono deleteri, perché ci si ammala sempre di più a causa delle nostre abitudini errate: insomma un insieme di cose che finalmente fa capire quanto si possa mangiare vegan e stare bene, e, soprattutto, mangiare sano e gustoso. La vita vegan non è una vita di rinunce: io sono vegana da sedici anni e in tutti questi anni mi sento ripetere sempre la stessa cosa: “Ah, ma se non mangi questo cosa mangi?”. In realtà mangio tantissime cose.
A proposito, ho notato con piacere che in Las Vegans tu metti in rilievo l’aspetto della scelta di uno stile di vita cruelty free, mentre per molte persone è invece una vita di rinunce: quanto l’informazione (giornali, libri, blog, tv, radio) contribuisce, secondo te, a dare una visione positiva dell’alimentazione vegetariana e vegana o guarda molto alle sfumature negative?
C’è ancora molto da fare! Qualche giorno fa sono stata ospite in tv della trasmissione Geo&Geo e parlavo di alimentazione vegana e c’era il nutrizionista che sottolineava come i vegani abbiano bisogno di integratori: non è assolutamente così! Io non ho mai preso alcun integratore e sto benissimo e come me ci sono migliaia di vegani che conosco. Ci sono ancora molti luoghi comuni da sfatare, ma io sono abituata a vedere il lato positivo delle cose, e quindi credo che ci siano anche molte cose belle che stanno accadendo. Dobbiamo continuare così, a insistere sugli aspetti positivi.
In Las Vegans tu poni due domande che ora io ti rigiro: perché sappiamo così poco di quel che mangiamo? E perché continuiamo a mangiare alimenti che non nutrono e impoveriscono?
Perché siamo la prima generazione di adulti che ha totalmente perso il concetto di filiera alimentare. Mia madre, come molte altri madri, non avrebbe mai servito i pomodori sulla tavola di Natale! Negli ultimi cinquant’anni abbiamo perso completamente l’idea di filiera alimentare: noi, di fatto, non sappiamo più quello che mangiamo. Ma, allo stesso tempo, siamo anche una delle prime generazioni di adulti che ha la possibilità di leggere, di informarsi: il web è una grande risorsa. Restare ignoranti nell’epoca della libera informazione è il peggior danno che possiamo infliggere a noi stessi.
Ho letto il tuo libro dopo aver partecipato a un incontro con Carlo Cracco in cui lo chef sosteneva che l’importante è capire il cuore di una ricetta, non tanto sapere la grammatura esatta degli ingredienti. Tu affermi lo stesso in Las Vegans, dicendo che ha “deciso di rinunciare alla grammatura degli ingredienti, quando ho deciso di rinunciare al conteggio delle calorie”. Potresti allora dare alle nostre lettrici e ai nostri lettori qualche consiglio per essere più creativi in cucina? Spesso, infatti, troviamo le ricette precise al millesimo che, alla fine, fanno morire la ricetta…
Le grammature vanno bene (nella sezione dedicata ai dolci ho messo le grammature, infatti), ma c’è qualcosa di molto più importante. Il cibo non è soltanto: per quattro persone servono tot pomodori, cinque finocchi e via dicendo… C’è tutto l’aspetto del sentire il cibo che è stato completamente allontanato dalla nostra quotidianità. Bisogna affidarsi al gusto: io, per esempio, in questa ricetta metto un cucchiaino di olio, ma il tuo gusto cosa direbbe? Non ci fidiamo più del nostro sentire, sotto nessun punto di vista: invece se si procede a mettere gli ingredienti a poco a poco, capisci cosa ti piace di più. Per questo non mi è piaciuto dare delle indicazioni rigide. Io trovo terrificanti quelle ricette: “Per quattro persone, 150 grammi…”. Io mi fido più del mio occhio.
Verissimo, anche perché poi a volte seguendo pedissequamente le informazioni che troviamo, i piatti non vengono affatto buoni!
Certo! Una signora mi ha detto: “Ma quando tu scrivi: 1 finocchio intendi quello da 200 grammi o quello da 400?”. Io le ho risposto dicendo di non comprare il mio libro! Dipende dal finocchio che compri: poi c’è bisogno di organizzarsi un po’ da soli!
Ci troviamo qui al Salone di Torino: quale piatto abbini al Salone? E perché? E visto che nel tuo libro parli anche di musica, consigliaci anche una canzone da abbinare al piatto e al Salone.
Abbino il piatto che preparerò al Salone: le albondigas a la Rosita, le polpette che dedico a mia madre, perché le polpette sono qualcosa che appartiene moltissimo alla nostra tradizione italiana. Sono viste sempre come un ottimo spunto per mangiar carne, eppure si possono mangiare delle deliziose polpette senza uccidere esseri viventi, che possono vivere felici nel momento in cui noi smettiamo di ingabbiarli e imprigionarli. Una versione 2.0 delle polpette tradizionali, una versione contemporanea e compassionevole di un piatto della tradizione. Come canzone consiglio Julia di John Lennon, la canzone che lui ha dedicato a sua madre, perché nella nostra cultura culinaria c’è molto di materno, c’è molto di tradizione.
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Foto | © Thelma&Louise/MondadoriPortfolio
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